Sono in tanti a parlare male di Facebook, eppure continuano a restarci. In realtà nessuno vuol rinunciare al suo indispensabile salottino di chiacchiere fra amici. Sarà pure spartano, senza nessuna possibilità di personalizzare l'arredamento con dei template come accadeva nei blog, ma in fondo è ugualmente comodo. E poi un tempo non era affatto facile riunire tutti gli amici nel proprio blog, toccava fare un estenuante lavoro di mailing e poi se non trovavano interessante la pagina restavano qualche tempo giusto per cortesia, dopodiché se ne andavano alla chetichella. Su Facebook questo non accade, restano tutti. Qualcuno ha definito il "Faccialibro" come un surrogato del vecchio bar di paese ma è molto di più, è il grande gioco delle lobby incrociate, anzi, visto che si parla di "wall" è un gran ritorno collettivo agli amici del muretto. Non sarà l'ultimo, ma in definitiva oggi è il più moderno strumento di aggregazione. In effetti, Mark Zuckerberg e compagnia hanno sfruttato proprio questo per tirar su il business: nelle grandi città, nel mondo in genere, è aumentato il bisogno di socialità. Perché è aumentata la solitudine. Arriva Facebook e improvvisamente si ha la sensazione di essere collegati, tutti amici, tutti disponibili 24 ore su 24. Ma vedersi su Facebook non fa che annacquare le relazioni reali, si rimanda un incontro (tanto ci siamo appena "visti" su Facebook) e alla fine non ci si vede più o magari ci si vede meno di prima. Ma va bene anche questo, in realtà c'era una questione più grave di cui volevo scrivere.
Avevo sentito parlare di ingiustificate e improvvise cancellazioni, il più delle volte causate da un sovraccarico al sistema provocato dalla pubblicazione in eccesso di filmati e di documenti che creano un aumento del traffico occupando banda (e loro ci tengono a dirti che il servizio è gratuito e non è ammesso "allargarsi" più di tanto). Ma poi si apre il capitolo delle cancellazioni per motivi ideologici. Quello che è veramente intollerabile di Facebook è che non siano mai stati presi provvedimenti verso quegli utenti che creano gruppi intorno a un tema su cui inizialmente tutti si trovano d'accordo poi, quando raggiungono qualche migliaio di iscritti, zac! cambiano nome al gruppo e improvvisamente tutti i partecipanti si ritrovano in un club del PdL oppure in una pagina razzista. Le segnalazioni di queste ed altre scorrettezze non vanno mai a buon fine mentre invece, non si sa per quale arcano motivo, ad un utente qualsiasi, sulla base di una sola segnalazione, possono cancellare l'account. Come è successo in questi giorni a Pasquale Barbella, una delle colonne della pubblicità italiana. E non a causa di un automatismo ma, peggio, per una segnalazione vile e immotivata. Ecco come racconta l'incredibile, kafkiana vicenda lo stesso Barbella. All'estero non è diverso, come si può leggere nelle sempre più numerose pagine di reclami sui disservizi e le curiose anomalie di Facebook. Ma qui emerge un aspetto inaccettabile del servizio, una parzialità e una discrezionalità che sono fuori da qualsiasi principio civile. A volte le risoluzioni di Palo Alto sono disumane come solo quelle di una macchina possono essere. Una macchina che automaticamente raccoglie "a campione" stringhe di testo e, sulla base della frequenza con cui certe parole ricorrono, manda avvisi agli utenti oppure procede direttamente alla cancellazione (non delle frasi, ma proprio dell'utente). Qui però c'è stata una risposta umana da parte di un "addetto" del sistema e in questa risposta, con la stessa inettitudine che contraddistingue anche gli operatori dei call center, viene candidamente spiegato che c'è stata una segnalazione ma non viene resa nota la materia del contendere. Dallo scambio risulta che a "offendersi" sia stata un'associazione di cattolici integralisti, ma non si capisce per cosa. Mi stupisco che dei cattolici che si proclamano portatori dei "veri valori della cristianità" usino questi metodi vigliacchi e vagamente fascistoidi senza avere il coraggio di rivolgersi prima al diretto interessato. Che pensassero a difendere l'Occidente dall'Islam, come è nei loro programmi, anziché prendersela col mio amico Pasquale che non ha nessuna colpa.
Tutto questo è incomprensibile e non può finire in cavalleria. È ora che gli utenti si ribellino a Facebook e chiedano una maggior trasparenza nelle regole e nella loro applicazione, non ultima la possibilità di un contraddittorio. Una procedura del genere è contemplata da anni perfino da eBay, che si è dotata fin dall'inizio di un servizio interno con consulenti legali per dirimere le dispute. Se non ci saranno sostanziali cambiamenti, temo che cominceranno campagne per il boicottaggio di Facebook (in realtà sono già iniziate, per non parlare del numero sempre crescente di persone che vuole proprio liberarsi dal social web). Per quanto mi riguarda, ho usato Facebook come un'agenda online sempre a portata di mano e da questo punto di vista è stato qualche volta comodo, ma niente di più. Non so quanto ci resterò ancora.
Ultimi aggiornamenti (15/09/2010): l'account di Pasquale Barbella è stato riattivato ma, cosa incomprensibile, Facebook non ha riaperto la pagina del gruppo "Advertown" da lui fondato, confermando così l'arbitrarietà di cui abbiamo discusso in questo articolo.