Quale nazione investe da sempre più di qualsiasi altra in armamenti? Gli Stati Uniti. Non tutti sanno però che si tratta anche della nazione che spende di più in propaganda. Per quale fine? Per orientare l’opinione pubblica mondiale e ottenere preventivamente più consenso possibile verso ogni azione geopolitica, tesa perlopiù a stabilire il controllo delle principali fonti di approvvigionamento energetico e, in prospettiva, il dominio geopolitico. Non è una novità, è da tutto il dopoguerra che l’amministrazione americana continua a destinare fondi praticamente illimitati a tutte le attività che possano ottenere questo risultato, sia a livello nazionale che internazionale, finanziando associazioni, organizzazioni non profit, evangelist, e club apparentemente innocui nelle professioni, nelle arti e nel tempo libero. Perfino il cinema di Hollywod è stato sovvenzionato a fini di propaganda, come hanno dimostrato alcuni importanti saggi. Quindi non basterebbe un articolo per approfondire questo tema, ma torneremo comunque a parlarne.
Fortunatamente, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, e ogni tanto qualcosa sfugge di mano. Ma occorre allenarsi a filtrare le notizie, a confrontare le fonti, a mettere in dubbio tutto, per riuscire a notare queste défaillance. Cosa che il pubblico comune non è in grado, non ha il tempo e forse nemmeno ha voglia di fare. Eppure le notizie escono ugualmente e passano direttamente nel dimenticatoio. Come ad esempio lo scoop francese sulle foto diffuse dagli americani con Bin Laden catturato e ucciso, che ha dimostrato come si sia trattato solo di un fotomontaggio. Pura propaganda, dunque. Non costerebbe nessuna fatica, però, farsi ogni tanto almeno delle domande. Ad esempio: perché bisogna continuare a tutti i costi la guerra fredda con la Russia? I nostri giornali danno per scontate le motivazioni degli americani che però non spiegano mai in modo accettabile (se mai possa esserlo) il senso di ogni nuovo pacchetto di sanzioni. Da buoni alleati, quindi, ci atteniamo a quanto la CIA puntualmente ci suggerisce di fare, e nessuno di noi si pone minimamente il problema della debolezza dei nostri governi, incapaci di opporsi a queste pretese. A nulla valgono le denunce come quella di Udo Ulfokotte se nessuno è più disposto a farsi domande sulla manipolazione dei nostri media.
Così è stato per tutta la guerra di Siria, nonostante dai territori siano arrivate frequentemente riprese “rubate” che rivelavano molto, come ad esempio questo “ciak” riuscito male durante le riprese di un comunicato dell’ISIS. Un comandante dei ribelli inizia un annuncio con la classica formula con cui gli integralisti islamici aprono tutti i discorsi importanti: «Bismillah, ir Rahman ir Rahim, Alamdullillahi Rabbil Alamin….» (“Nel Nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso…”). Dopo un attimo si inceppa e si ferma, lasciando capire che non è affatto un musulmano osservante ma un mercenario qualsiasi, con tutta probabilità un ex ufficiale dell’esercito di Saddam ora al soldo della CIA, che deve recitare la parte dell’integralista islamico. Mentre ripassa la formula appuntata su un bloc notes, una voce fuori campo lo invita a ripetere la scena un’altra volta. Tutto questo fa capire quanto possa essere stata finta la propaganda dell’ISIS e il fatto che dietro ci sia sempre stata una regia americana.
Ovviamente non è l’unico caso di gaffe rivelatrice. Ci sono tanti episodi nella guerra in Siria in cui i White Helmets sono stati smascherati, come fiancheggiatori dei cosiddetti “ribelli”, ovvero di quei terroristi islamici finanziati dalla CIA con una operazione coperta che solo Trump in queste settimane ha potuto interrompere per “risparmiare soldi”, svelando però davanti al mondo il misfatto. Nel frattempo, tutto il mondo dei media, fino ai giornali italiani, ha condiviso le veline americane che dipingevano Assad come un feroce dittatore, quando la sua unica colpa è stata quella di opporsi al passaggio della pipeline dal Qatar, come pochi giornalisti seri hanno inutilmente tentato di spiegare. Allo stesso modo, Duterte è diventato un feroce dittatore per essersi ribellato all’occupazione americana delle Filippine (ma soprattutto, in realtà, per aver inferto un duro colpo al commercio di droga gestito dalla CIA attraverso le mafie internazionali, per il reperimento di fondi neri con cui finanziare i gruppi terroristici di tutto il mondo, commercio che in Filippine ha uno snodo fondamentale) e per essere scampato a operazioni coperte contro di lui. E poi ancora Maduro, che sta diventando il nuovo bersaglio della propaganda americana, quando è chiaro a chiunque che l’obiettivo di Trump è solo di mettere le mani sul petrolio venezuelano.
Pochi commentatori di geopolitica si chiedono oggi che cosa accadrà quando le spese militari cominceranno ad essere insostenibili per gli USA (e, di conseguenza, aumenteranno quelle per la disinformazione) e, in articoli come questo, prevedono lucidamente un aumento esponenziale degli investimenti in materia di propaganda. L’alternativa sarebbe un aumento delle guerre ingaggiate nel mondo, cosa che l’amministrazione americana non è più in grado di sostenere. La guerra costa, e prima o poi bisogna renderne conto ai contribuenti. Intanto, meglio offrire un sistema neutro, al di sopra delle parti, per garantire la veridicità delle notizie. Ecco quindi che Google si pone come garante assoluto, con il suo nuovo sistema di fact checking. Fortunatamente, sono in molti a non essere caduti in questo tranello, dato che dietro agli algoritmi ci sono sempre persone che li programmano in funzione dei loro scopi. Ma già si aprono nuovi fronti più economici e, in prospettiva, più fruttuosi per la propaganda americana, sempre tesa a realizzare un progetto di controllo globale.
Quale sarà il prossimo paradigma della propaganda? La pedagogia. Per inciso, già i primi specialisti americani in questo campo hanno sostenuto fin dall’inizio che l’educatore differisca dal propagandista soprattutto perché tratta di argomenti che non sono oggetto di controversia per il suo uditorio.[i] Dunque, la propaganda si potrebbe definire come un’attività “educativa” che tuttavia, prima di svolgersi, ha bisogno di ottenere il consenso del suo pubblico. A cosa potrebbe quindi applicarsi ora la propaganda? All’ultimo territorio che dovrebbe restare per definizione inesplorato, ovvero la nostra idea di “futuro”. E c’è già, a questo riguardo, una teoria sufficientemente efficace da creare aspettative, quindi possibili strategie di marketing: quella della “singolarità”, ovvero quel passaggio in cui l’intelligenza artificiale supererà quella umana, a detta del suo profeta Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google. Occorre quindi educare all’avvento della nuova era e, per fare questo, Google ha tirato fuori dal cappello un’altra delle sue idee creative: creare addirittura un’università della Singolarità che vuol rompere gli schemi che ci legano al passato e “ci impediscono di progredire”, per preparare il mondo al paradigm shift.
Lo slogan è Be Exponential (“Siate esponenziali”), e sembra un upgrade di marketing del Being Digital di Nicholas Negroponte di vent’anni fa. Da due anni a questa parte, attraverso un lavoro capillare di evangelizzazione, la Singularity University sta creando sedi in tutti i paesi (compresa l’Italia) per favorire la ricerca locale, interagendo con imprenditori illuminati, ricercatori, studenti, intellettuali, uomini di marketing, influencer, particolarmente sensibili ai temi dell’innovazione. Uno dei più importanti evangelist, David Orban, nella puntata di #Codice andata in onda il 4/8/2017 su Rai 1, ha fatto chiaramente intendere che “chi è fuori è fuori e chi è dentro e dentro” (48:43) e che il sistema universitario europeo (“ottocentesco e addirittura medievale”) è ormai inadeguato (49:08). Ma è più probabile che questi specchietti retorici per allodole celino tutt’altri obiettivi: il dialogo continuo con gli iscritti permetterà di avere un controllo diretto e in tempo reale su tutti i progetti più innovativi nel mondo. Non occorrerà più lo spionaggio industriale per carpire sul nascere le nuove idee, saranno gli entusiasti futuristi del movimento a condividerle direttamente con l’organizzazione. A proposito, indovinate da chi è gestita. Dalla NASA.
In conclusione, se la più avanzata compagnia tecnologica del mondo sta cominciando a comportarsi in modo ideologizzato, e nel mondo la propaganda sta diventando l’arma strategica più efficace, dotandosi di nuovi strumenti per controllare anche il nostro futuro, è inutile aspettarci che la propaganda sfugga di mano. Siamo noi che dobbiamo sfuggire di mano a lei.
[i] H. D. Lasswell, The study and practice of propaganda, in H. D. Lasswell, R. D. Casey e B. L. Smith, Propaganda and Promotional Activities, Oxford University Press, Londra, 1935, p. 3.